Benché si siano scritti varie versioni sulla storia della Bolivia prima della colonizzazione, quasi tutti coincidono che i primi passi verso la civiltà agricola si diedero nell’Altopiano.
Dall’anno 1.500 A.C, indios di lingua aymará, possibilmente dalle montagne del centro del Perú, attraversarono le Ande boliviane ed occuparono l’Altopiano. Posteriormente, all’inizio della nostra era, si sviluppò la poderosa cultura da Tiahuanaco che aveva la sua sede religiosa e politica nelle coste meridionali del Lago Titicaca.
Col tempo Tiahuanaco si trasformò in una società organizzata, prospera ed ambiziosa ed attraversò le frontiere dell’Ecuador e del Cile. I resti di questa cultura millenaria riflettono una perfezione tecnica che si può apprezzare nelle reliquie che si trovano in diversi musei del paese.
La conquista spagnola del paese cominciò nel 1531 sotto Francisco Pizarro. I conquistatori fecero rapidi progressi sfruttando la fiducia (e più tardi la disunione) degli indiani per assicurare il territorio che due anni dopo è divenuto noto come Virreinato del Perú. Nel 1544 fu scoperta a Potosí la miniera d’argento che sottoscrisse l’economia spagnola (e le stravaganze della sua monarchia) per più di due secoli. Nel 1548 Alonso di Mendoza fondò La Paz come sistema amministrativo e strategico nella rotta dell’argento che andava da Potosí alla Costa del Pacifico. Ventiquattro anni più tardi gli spagnoli fondarono Cochabamba e Tarija, stabilendosi la struttura urbana della Bolivia alla fine del secolo XVI.
Nel 1781 si volle espellere gli spagnoli e ristabilire il dominio inca senza successo. Trenta anni dopo, Chuquisaca si trasformò in scenario di azioni a beneficio dell’indipendenza. Dopo quindici anni di guerra il generale Antonio Olañeta opponeva resistenza alle forze di liberazione.
Nel dicembre 1824 le agitazioni antispagnole, che negli anni precedenti erano sempre state domate, ripresero con più vigore. Mentre Bolivar sconfiggeva gli Spagnoli a Junìn: un suo luogotenente, il generale Sucre, riportò una decisiva vittoria ad Ayacucho su Olañeta, e il 6 agosto 1825 un congresso nazionale proclamò l’independenza di quello che allora era l’Alto Perù, divenuta poi Repubblica di Bolivia, dal nome di Bolivar, divenutone presidente.
Nel 1829 Andrés de Santa Cruz raggiunse il potere e sotto l’influenza degli antichi ideali incaici, formò una confederazione col Perú, costituita nel 1836. Il Cile protestò davanti a questa situazione il cui esercito sconfisse a Santa Cruz nel 1839, sommergendo alla Bolivia nel caos politico.
L’anarchia raggiunse il suo punto algido nel 1841, quando tre governi brandivano simultaneamente il potere.
In seguito a una serie di susseguenti sfortunate guerre con i paesi limitrofi, la Bolivia nell’arco di tempo tra il 1825 e il 1935, anche a causa del burrascoso succedersi di vari governi, si trovò ad aver perso il 54% del proprio territorio.
La Bolivia dovette abbandonare ai potente vicini più della metà del suo territorio, tra cui preziosi giacimenti di nitrati e il porto di Antofagasta sul Pacifico, che rimasero al Cile in seguito alla Guerra del Pacifico (1879-1883). La maggior parte della pianura orientale del Chaco fu poi presa dal Paraguay con la Guerra del Chaco (1932-1935).
Tutti questi insuccessi portarono alla formazione di un forte partito nazionalista rivoluzionario, che intraprese riforme (suffragio universale, concesso anche alle donne e agli Indios), nazionalizzò le grandi compagnie (miniere di stagno, 1952) e attuò anche una riforma agraria sotto la guida del presidente Victor Paz Estenssoro. Durante il suo governo però, appoggiato dall’esercito, e che fu contrassegnato da un rigido atteggiamento nei confronti delle rivendicazioni operate, i fermenti di malcontento sociale e politico cominciarono a manifestarsi sempre più apertamente, soprattutto con l’insorgere del movimento di guerriglia che si sarebbe sviluppato negli anni seguenti sotto la guida di Ernesto CheGuevara. Nel 1964 Estenssoro fu rovesciato con un colpo di Stato e sostituito da Renè Barrientos Ortuño, il cui governo si sforzò di reprimere la guerriglia e che culminò con la cattura e l’uccisione di Che Guevara da parte delle truppe governative. Nel 1969 seguì un altro colpo di Stato, che avvicinò la Bolivia all’area di influenza russa, e poi altri ancora di cui quello del 1981 ha segnato il 190° in 152 anni di indipendenza. Dal 1985 Estenssoro è tornato capo dello Stato e si è prefissato di attuare una rigidissima politica.di risanamento. Nel 1993 gli è succeduto Gonzalo Sánchez de Losada. Il presidente attualmente in carica dal 1997 è Hugo Banzer Suarez.
Nell’agosto del 2001 il generale Banzer, a causa dell’aggravarsi del suo stato di salute, ha ceduto il testimone a Jorge Quiroga, sino alle elezioni presidenziali dell’agosto 2002, che hanno consegnato il potere a Gonzalo Sánchez de Quesada. Quest’ultimo ha approntato una serie di riforme liberistiche quali la privatizzazione dello sfruttamento delle immani risorse minerarie. Nel mese di ottobre 2003, dopo settimane di agitazioni popolari contro tali riforme, Gonzalo Sáchez de Lozada lascia la presidenza del paese andino; subentra il suo vice, Carlos Mesa Gisbert, che ha promesso un referendum sulla questione dell’esportazione del gas, causa principale dei disordini scoppiati nell’autunno, forma un governo tecnico.
Dopo un periodo turbolento e un tentativo delle forze conservatrici che avevano cercato di bloccare le elezioni, Evo Morales, leader del Movimento al socialismo (Mas), vinse largamente le elezioni svoltesi il 18 dicembre 2005. è il primo presidente autenticamente indio d’America latina.